Contratti d’agenzia: la clausola del minimo fatturato al tempo del Covid-19

Una tra le clausole maggiormente utilizzate e di grande diffusione nel contratto di agenzia è sicuramente la clausola c.d. del “minimo fatturato. Con tale clausola le parti stabiliscono la soglia minima di fatturato annuo che l’agente deve apportare al preponente.

Il mancato raggiungimento del minimo pattuito implica, almeno ove il livello di fatturato da raggiungere sia stato determinato in modo realistico ed equo, un inadempimento dell’agente al suo dovere di promozione delle vendite nella zona e di sviluppo della clientela e può costituire giusta causa di risoluzione del contratto di agenzia ai sensi dell’art. 1456 c.c.

La legittimità della clausola risolutiva espressa per mancato raggiungimento del minimo di fatturato è stata oggetto di numerose pronunce di merito e di legittimità, la maggioranza delle quali ritiene che, se concordata dalle parti, la disposizione è valida e applicabile purché siano rispettati i generali principi di correttezza e buona fede nella conclusione, esecuzione e interpretazione dei contratti.

Tuttavia, la situazione di emergenza sanitaria connessa all’emergenza da Covid-19, ai lockdown e all’inibizione pressoché totale dell’attività dell’agente di commercio (e molto spesso delle aziende preponenti), ha modificato radicalmente lo scenario dell’economia e del mercato, con grande impatto sia sulla valutazione preventivamente effettuata dalle parti in ordine alla gravità dell’inadempimento da attribuire al mancato raggiungimento del minimo di fatturato, sia sulle conseguenze giuridiche che ne possono discendere.

In questo nuovo contesto, viene meno l’imputabilità all’agente del mancato raggiungimento del minimo fatturato per impossibilità sopravvenuta di svolgere la propria prestazione, e ciò può riflettersi anche sui prossimi anni.

Non si vedono invece appigli per i preponenti che ambiscano ad avvalersi della clausola del minimo fatturato, magari per porre fine a un rapporto di agenzia di lunga data.